'La Signora in nero' sono io. Mi chiamo Cristina Rava e scrivo storie noir.

mercoledì 19 agosto 2009

Introduzione

Cristina Rava
'La Signora in Nero' veste spesso in nero (perché snellisce), ama variazioni sul tema della cucina, vive in una casa di campagna piena d'ombre, raramente si separa dalla sua gatta e solo se obbligata.
Scrivo storie noir. Perché lo faccio? Perché da bambina sentivo sussurri nel buio, vedevo ombre, sussultavo ad una corrente d'aria e mi mandavano a dormire con l'abatjour spenta e la porta chiusa. Storia comune a molte altre persone, qualcuna si disfa in fretta dei brutti ricordi, qualcun'altra se li trascina dietro e, credetemi, possono essere molto fastidiosi. Leggere Edgar Allan Poe non aiuta e nemmeno passare ai libri gialli. L'unica ricetta è scriverseli. Allora, quando i progetti di un assassino, le lunghe ore trascorse a spiare una vittima, l'imprudenza o l'odio, il terrore o il sospetto, quando tutto questo diventa tuo, un linguaggio naturale, la paura si allenta e con il tempo scompare. E' come passare dall'altra parte di un sipario chiuso, impari a conoscere la macchina che muove le cose e diventi tu il maestro della paura degli altri.
Nonostante questo aspetto un po' noir, sono incurabilmente infantile e mi piace giocare con tutto.
Qualcuno ha detto la frase: 'Io lavoro seriamente ma non sono una persona seria!'. Gliel'ho rubata! Ridere è il sistema migliore per arieggiare le stanze polverose dei luoghi comuni, del buonsenso, della prosopopea, dell'austerità dottorale. E poi una risata può essere affilata come una lama: bisogna sempre avere una cattiva parola per tutti!
Il mio blog e fresco e friabile come una ciambella appena uscita dal forno, deve essere arricchito anche dalle vostre idee, dai confronti, e da qualche parte bisogna pur ben cominciare!
Naturalmente una ciambella con cuore al profumo di mandorla amara!
Domani o dopodomani aggiungerò una storia che mi è venuta in mente adesso, la storia di una cordicella con un nodo ogni metro ed un piombo in fondo, che scivola lenta nel buio di acque immobili per rivelare le insidie del fondale... Tutti abbiamo spigoli taglienti e spesso i primi ad ignorarli siamo noi... Ma non aggiungo di più. E poi, per tutti i gattofili del mondo, ci sarà ampio spazio per dibattiti interessanti sul ruolo del gatto... Ma questo è solo l'inizio. A presto!






Sa essere simpatica, anche se il suo senso dell'umorismo è sempre un po' corrosivo, autocritica quel che basta, con una voglia di vivere a prova di guerre e carestie.
Ma la sua fantasia il meglio di sé lo da dopo il tramonto, quando alla poca luce di una lampada da tavolo liberty, comincia ad immaginare storie da paura ne le butta dentro il suo computer.
Questo blog conterrà proprio quelle storie finora riservate solo ai migliori amici...

1° romanzo

‘Nero di seppia’

Fabiola Ferretti. Denuncia la scomparsa del marito insegnante. Lei lavora come trainer in una palestra. Bella donna, con una lunga treccia color mogano. Efficiente, non si perde in chiacchiere, ma a Bartolomeo sembra sfuggente.

Serena di Blasi, la vittima. Vent’anni, bella, bionda, tipo ‘velina’. Esibizionista e viziata. Risulta subito antipatica, ma evoca anche sentimenti di pena, cresciuta in un ambiente agiato ma povero di sentimenti. Padre non empatico, madre assente.

Candida di Blasi, sorella minore, alter ego della bella. Bionda anche lei, meno graziosa e certamente meno sofisticata, studia seriamente. Personalità più solida nonostante l’ambiente sia lo stesso, lei si fa da mamma da sola, mette la maglietta della salute, si da degli orari di rientro, non fa uso di droghe. Tra Bartolomeo e Candida inizia un rapporto affettuoso e protettivo che coinvolge anche la dottoressa Spinola.

Pietro Raviolo, ragazzino problematico con fissazioni dark, pallido, capelli lunghi tinti di nero, sotto l’impermeabile alla ‘Matrix’ nasconde tanta confusione e un cuore generoso.

Sara Ricci, seconda vittima. Grassa, occhiali, secchiona, sfigata. Nutre un rapporto morboso verso la bella. Muore perché sa cose che non dovrebbe sapere.

Ambiente: Albenga, città ligure non a vocazione turistica, l’azione si svolge d’inverno. E’ una località del ponente ligure con un’economia soprattutto agricola ed una forte espansione urbanistica. Splendido centro storico medioevale e rinascimentale. Luogo di ritrovamento dei cadaveri: campagna brulla. Abitazione della prima vittima: bella villa art-déco sul lungomare di Albenga.

2° romanzo

‘Tre Trifole’

Vincenzo Buscemi: titolare della galleria d’arte dove si svolgono altri fiorenti traffici. Belloccio, odioso, vanitoso come un’oca, alterna periodi d’inspiegabili ricchezze a sparizioni verso lidi lontani. Con le sue arti di gigolò ha agganciato una corpulenta signora di mezza età dal piumaggio variopinto e dal nome incredibile: Persefone Fumagalli ben inserita nel capriccioso jet set di Alassio.

Guglielmo Rinaudo ed Eusebio Mortara, due vittime anziane di delitti all’apparenza simili, separati da più di dieci anni. Torture e colpi d’arma da fuoco alla fine di esistenze meschine, sebbene molto diverse. Sono due misantropi che nemmeno si conoscono, chiusi dentro vecchie ville sulla verde collina di Alassio, dalle finestre si vedono piante d’oleandro e in basso lo specchio blu del mare.

Dirk Jansen giovane olandese, pelo rosso e brufoli, disturbato mentalmente, parla pochissimo senza guardare negli occhi, costretto ad un lavoro che detesta, nasconde un segreto orribile ed un talento raro.

Dmitrij Alexjevič Makushkin, mafioso russo classico, suv nero e codino, che porta anche l’amico e collaboratore Buscemi.

La Gigi, amica genovese di Ardelia, la dottoressa. Classica nevrotica che colleziona uomini sbagliati, chiacchiera e fuma troppo, confusionaria e simpatica.

Ambienti: Alassio, il Grand Hotel ristrutturato, al piano terra ospita la galleria d’arte, proprio di fronte al mare. Due ville sulla collina, circondate da fitta vegetazione, quella di Mortara è stata sostituita da un complesso edilizio recente, ma era splendida sebbene in stato di abbandono, mentre a quella di Rinaudo basterebbe una rinfrescata.

Il romanzo comincia con un riferimento a Ceva (CN), luogo di origine del commissario, paesone sonnolento del basso Piemonte. Una passeggiata in una domenica d’autunno sotto la pioggia lungo i portici di via Marengo, il centro medioevale della cittadina, con i suoi vecchi negozi, dove le saracinesche di lamiera non hanno sostituito del tutto gli scuri di legno. Ambiente e clima ricordano un po’ Cesare Pavese e un po’ Simenon.

3° romanzo

'Cappon Magro'

L’ambientazione è il centro storico di Albenga. Palazzi signorili con soffitti affrescati e solenni scaloni di ardesia si alternano a carruggi foschi e umidi. In uno di questi palazzi muore l’anziana Ildebranda Matilde Peluffo. In Liguria diciamo: ‘Ne ha combinate più di Bertoldo in Francia’ per intendere una vita condotta all’insegna della libertà sessuale e di pensiero, come quella della vecchia Peluffo. Intelligente e capricciosa all’apparenza, vive in realtà una zitellaggine senile ricca di saggezza e di umorismo. Capelli candidi, abbigliamento estroso e fuori moda, grassoccia e un po’ incurvata. Ottant’anni suonati. Con lei vive Svitlana con la ‘i’, Mychailivna Lysenko, ucraina. Non alta, bellezza irregolare con qualcosa di slavo e di orientale, voce bassa, forte inflessione della lingua madre. Enigmatica, sguardo penetrante. Bartolomeo si prende una cotta da adolescente. Poi c’è Svetlana, con la ‘e’ che una gatta siberiana, consolazione della badante. Guidobaldo Peluffo, nipote della defunta che si scopre soffocata nel sonno, vive a Novi Ligure, corpulento, calvo, pizzetto grigio, cordiale, con gestualità effeminata. E’ sposato con Gioconda, piccola, brutta, capelli color paglia con due dita di ricrescita grigia, occhiali spessi dalla montatura quadrata, fervente cattolica. L’intera vicenda si svolge in questi ambienti: il commissariato di Alassio che si trova, realmente, in una bella palazzina liberty sulla via Aurelia, quindi la casa della defunta, è inoltre citato qualche locale caratteristico della zona e compare l’abitazione della dottoressa, appartamento confortevole in un vecchio edificio che si affaccia sul fiume. Di tanto in tanto transita Baciccia, vero gatto genovese, che odia il commissario. La badante deve lasciare la casa della defunta: è ospite di una conterranea in un minuscolo alloggio ad Alassio.

4° romanzo

'Come i tulipani gialli'

Il suicida è Anselmo Fugassa. Si è sparato. Uomo magro, dall’aspetto allampanato, di mezza età, introverso, viveva solo dopo i suoi terribili lutti. Nello stabile, sito nuovamente nel centro storico di Albenga, perché è un luogo pieno di mistero e abbastanza grande da farci stare parecchi morti, abita una famiglia araba di quattro persone, ma noi conosceremo solo la signora Amina, bel viso, porta il velo islamico ma si trucca, figura gentile e riservata che coltiva un’amicizia disinteressata verso il vero protagonista di tutta la storia: Gabriel Steiner. Anziano, capelli a spazzola, occhiali, occhi chiari, ricorda un po’ l’ultimo Richard Dreyfus, psichiatra in pensione. Non ha perso completamente l’accento strano di chi arriva dall’Europa orientale e parla correntemente l’ebraico. Vive all’ultimo piano. Benestante, vedovo, misterioso. Sebbene sia vecchio, è ancora molto attivo e la sua mente è straordinariamente agile. Grande carisma. Possiede una MG d’epoca. Vincenza Martone, tredici anni, ragazzina molto problematica. Graziosa ma dall’aspetto comune, poco vistoso. Castana, viso regolare.

Maggiori descrizioni del centro storico con le sue vie, e della piana di Albenga, coperta di serre per la coltivazione di fiori e aromi che fa da sfondo all’omicidio di Achille Salviati, settant’anni, pensionato agiato, molestatore di bambini. Ci sono gatti anche qui: il grande Baciccia della dottoressa che non odia più il commissario e Dybbuk, pelo rosso che è il gatto del dottore. Anche i gatti hanno una loro importanza.